La terapia neoadiuvante cioè quella fatta prima dell’intervento chirurgico ha tre scopi.
- Il primo è quello di ridurre l’estensione del tumore in modo da renderlo resecabile, cioè eliminabile con l’intervento chirurgico. (IL TRATTAMENTO INIZIALE A SECONDA DELLO STADIO)
- Il secondo scopo è quello di anticipare il più possibile la terapia preventiva contro eventuali metastasi già presenti, ma non ancora visibili alle indagini di stadiazione. (FIGURA 2)
Infatti, quando il rischio che ci siano già metastasi è alto, attendere l’intervento chirurgico e poi i tempi della ripresa dopo l’intervento rappresentano un ritardo che potrebbe favorire l’ulteriore disseminazione della malattia. Quindi questo secondo scopo rende ragione delle terapie neoadiuvanti fatte anche quando il tumore primitivo è asportabile. La finalità della terapia neoadiuvante è quindi analoga a quella della terapia postoperatoria preventiva, chiamata terapia adiuvante: eliminare le micrometastasi, se ci sono.
- Il terzo scopo riguarda alcune situazioni in cui l’intervento chirurgico di asportazione del tumore primitivo sarebbe molto destruente e potrebbe causare un forte indebolimento dell’organismo. Tanto forte da non poter consentire l’esecuzione della necessaria terapia preventiva postoperatoria. E’ il caso per esempio del tumore dello stomaco e dell’esofago. Anticipare la terapia preventiva a prima dell’intervento è quindi preferibile in quanto meglio tollerata e più efficace perché fatta più precocemente.
La durata della terapia neoadiuvante è comunque limitata, perché l’efficacia massima delle terapie mediche si esercita nei primi mesi. Quindi in genere dopo 2-4 mesi di trattamento si ripetono gli esami di stadiazione locali e a distanza per rivalutare l’operabilità della condizione e se possibile, a quel punto si fa l’intervento.