Bisogna sempre informare completamente?

In genere è sempre meglio. Il medico migliore sa fare questo con gradualità, umanità e evitando sempre espressioni che vengono percepite come “sentenze sommarie”: in medicina non si può mai essere del tutto sicuri e non è affatto detto che ciò che avviene nella media dei pazienti, avvenga nel singolo paziente in questione.

Ci sono tre considerazioni generali che argomentano a favore dell’informare il malato:

  1. I malati capiscono al volo quando le cose non vanno bene. Il clima di mistero li mette ancora di più in ansia. Se lasciato senza adeguate spiegazioni, può succedere che il paziente arrivi a pensare che non ci sia più niente da fare anche là dove le probabilità di guarigione sono ottime.
  2. I familiari sottovalutano enormemente le capacità di intuizione del proprio congiunto. Ingenuamente sono convinti che il malato non sospetti nulla. Così che per il paziente la frustrazione della solitudine si aggiunge alla paura dell’ignoto.
  3. La persona gravemente malata cambia; spesso emerge in lei una forza insospettabile prima della malattia. Entra in guerra contro il tumore, mentre le persone sane rimangono solo spettatori esterni di questo conflitto e non riescono più a capire il profondo mutamento in corso nel loro familiare ammalato. Si può quindi capire perché certi risultati delle terapie, che sembrano così modesti agli occhi delle persone sane, siano invece così rilevanti per il malato. Se non c’è adeguata informazione e dialogo, è difficile prendere la migliore decisione per il paziente nelle situazioni difficili.

Naturalmente ci sono casi particolari in cui il paziente per sua natura non è ossessionato dalle domande tecniche e convive abbastanza bene con la narrazione interiore che si è costruito e lo soddisfa, e non vuole essere “disturbato” da tante spiegazioni mediche. Ma sono molto rare le persone così. PERCHÉ A VOLTE IL PAZIENTE NON È ADEGUATAMENTE INFORMATO.

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