È di famiglia

Anche per quanto riguarda la storia familiare c’è molta confusione tra rumore di fondo e segnale, cioè quando preoccuparsi: la presenza di un carcinoma della mammella sviluppatosi all’età di 50 e 40 anni nella nonna materna e nella mamma di una ragazza di 25 anni, costituisce un segnale forte di pericolo che la ragazza possa a sua volta sviluppare lo stesso tumore in giovane età. Tanto forte da rendere necessari consulenza genetica e test genetici appropriati che possono stimare il rischio della ragazza e di altri componenti della famiglia e consigliare misure preventive.


Invece, la semplice presenza in famiglia di un nonno ed uno zio con carcinoma del polmone e della vescica, non deve allarmare e non deve generare alcun test nei familiari.

La differenza tra le due condizioni

La differenza tra le due condizioni si basa sull’esistenza della predisposizione ereditaria a sviluppare certi tumori piuttosto che altri. Per alcuni tumori come quello della mammella, del colon, dell’utero e dell’ovaio, l’ereditarietà gioca un ruolo importante in una percentuale alta di casi (5-20%); in tutti gli altri casi questa percentuale è molto bassa e riguarda casi rarissimi.
Semplificando al massimo, il segnale di allarme è costituito dalla presenza di almeno una delle 3 condizioni seguenti nei familiari:

  • due o più casi di tumore solido (non leucemie e linfomi) nello stesso ramo familiare
  • uno o più casi di tumore solido in età giovane
  • più di un tumore nello stesso paziente

Lo specialista più competente in questo campo è il genetista medico (una figura ancora poco rappresentata in sanità) il cui compito è triplice:

  • riconoscere sulla base della storia familiare la possibilità di familiarità e quindi prescrivere il test genetico appropriato (BRCA1, BRCA2, APC, MSI ecc). Sono test molto complessi che si fanno sul tumore del paziente o sul sangue del paziente e del familiare e richiedono molto tempo.
  • saper interpretare l’esito del test: il test può venire positivo o negativo e la positività può esprimersi in vari modi, ciascuno dei quali implica azioni e strategie di prevenzione diverse. Naturalmente c’è sempre la possibilità che il test non dia risultati interpretabili, quindi risulti inutile.
  • saper comunicare tutto questo: è compito non facile, data la complessità dell’argomento.

Considerata la rarità degli specialisti in genetica medica dei tumori, un buon primo passo in questo senso è rivolgersi agli oncologi. Di solito nel team di ogni gruppo di oncologi c’è chi sa indirizzare al meglio questi pazienti, almeno nelle prime fasi.

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