La valutazione del rischio di ricaduta dopo l’intervento

La valutazione del rischio di ricaduta. Si fa quando la stadiazione preoperatoria ha dato esito negativo (quindi esito buono, in quanto non si sono trovate metastasi a distanza), e l’intervento chirurgico, o le altre terapie locali, hanno eliminato completamente la malattia. Quindi quando il paziente dovrebbe essere guarito. 

Perché allora “valutare il rischio”? Rischio di cosa? E perché discutere se fare altre cure dopo l’intervento chirurgico?

Il problema è la natura della malattia tumorale che ha la caratteristica fondamentale di disseminare metastasi a distanza. Questo è il pericolo maggiore del cancro, perché è attraverso le metastasi che uccide.

La comparsa di metastasi è un fenomeno abbastanza imprevedibile. In generale avviene nelle fasi avanzate di malattia, ma a volte si verifica contestualmente alla comparsa del tumore. (FIGURA 2) (SOLTANTO CHEMIOTERAPIA OD ALTRE TERAPIE MEDICHE)

Fig 2. Possibili esiti della stadiazione di un tumore: le metastasi possono essere microscopiche e quindi non vedersi ai comuni test di imaging
Sono 3 i possibili esiti della stadiazione di un tumore, cioe’ la ricerca della sua diffusione ad altri organi.
Nel primo caso la stadiazione e’ negativa, cioe’ non viene trovato nulla nei vari organi esplorati tramite TAC , PET , risonanze ed altri test perche’ in realta’ il tumore primitivo non si e’ diffuso a distanza. Quindi una volta eliminato il tumore primitivo con un intervento chirurgico il paziente e’ guarito.
Anche nel secondo caso la stadiazione e’ negativa perche’ non viene trovato nulla nei vari organi esplorati. Ma in realta’ ci sono metastasi microscopiche che non sono ancora visibili perche’ TAC PET risonanze ecc , difficilmente riescono a far vedere noduli piu’ piccoli di 0.5-1 cm. Questo limite e’ indicato dalla linea tratteggiata nella figura. Purtroppo in questo caso, anche se il tumore primitivo e’ stato rimosso con l’intervento chirurgico, ci sara’ una ricaduta che sara’ evidente solo quando le metastasi microscopiche cresceranno oltre 1 cm.
Nel terzo caso, quello con metastasi visibili, la malattia e’ diffusa ai vari organi gia’ al momento della diagnosi perche’ le metastasi sono cresciute di pari passo al tumore primitivo rendendo inutile l’intervento chirurgico

Per comprendere questo occorre ricordare che: un nodulo (non importa se del tumore di origine o di una metastasi) appena visibile (1 cm) contiene circa un miliardo di cellule, per arrivare a questo numero può aver impiegato 5, 10, 20 anni. (DA QUANTO TEMPO C’È IL TUMORE) (FIGURA 7)

Fig.7 Il tumore cresce lentissimamente per anni, poi in poco tempo cresce rapidamente fino a dimensioni incompatibili con la vita La rapidissima crescita del tumore negli ultimi mesi è solo apparente. Infatti, anche se la velocità di crescita rimane costante, per esempio, 3 mesi, un conto è raddoppiare 1 mm (non ci si può accorgere del raddoppio perché la lesione non è visibile sotto 0.5-1cm), un altro è raddoppiare 5 cm che produce una massa di 10 cm, causa di enormi problemi.

Di solito è molto più probabile che le metastasi si distacchino dal tumore quando questo è ben più grosso di 1 cm. Tuttavia a volte questo distacco può avvenire molto prima, durante il lungo periodo di sviluppo del tumore (FIGURA 3).

Fig 3. Le metastasi possono comparire mesi o anni dopo il tumore primitivo, ma anche in contemporanea o addirittura prima Sembra incredibile, ma a volte si trovano prima le metastasi del tumore primitivo che le ha generate. Questo succede per due fenomeni: 1) perché il tumore primitivo per qualche motivo ignoto dissemina metastasi già quando è piccolissimo e quindi invisibile (1-5 mm o meno) e 2) perché le metastasi possono crescere molto più rapidamente del tumore primitivo.

Cosicché le micrometastasi possono già esserci, nonostante non si veda nulla alla stadiazione pre-operatoria ed il nodulo tumorale sia stato asportato completamente (R-0) all’intervento. E queste, nel giro di 6 mesi, 1 anno, 2 o 3 possono comparire in vari organi e rendere inguaribile il caso.  

Questo è ciò che rende i tumori così temibili. Anche se eliminati, non si può essere sicuri della guarigione perché potrebbero aver disseminato metastasi prima della loro asportazione.  

Ecco quindi la ragione delle tre domande poste sopra:

  1. Rischio di cosa? Il rischio è quello che la disseminazione delle metastasi sia avvenuta prima dell’asportazione del tumore. Se ciò è avvenuto e non si fa alcuna terapia, la malattia invece di essere “guarita” dall’intervento chirurgico è già adesso inguaribile, senza che né il medico né il paziente lo possa sapere.
  2. Perché “valutare il rischio”? Valutare il rischio significa considerare una serie di fattori riportati nell’esame istologico che aiutano a stimare la probabilità che ci siano “micrometastasi” non ancora visibili, responsabili della ricaduta. Questo processo di valutazione può richiedere anche ulteriori esami molecolari (esami più complessi eseguiti sempre sul pezzo operatorio o bioptico già asportato) che possono contribuire ad una stima più precisa del rischio. Spesso questi test sofisticati possono anche indicare quale terapia potrebbe funzionare meglio contro le micrometastasi, contribuendo non poco alla decisione se fare o no terapia adiuvante e quale terapia fare.
  3. Perché allora discutere se fare altre terapie oltre all’ intervento chirurgico (cosiddette terapie adiuvanti)? Se c’è un rischio ed una possibilità di eliminarlo con una terapia, perché discuterne? Bisogna farla. Non è così semplice. Il problema nasce dal fatto che la terapia adiuvante non funziona in tutti i tumori. Ed anche nei tumori dove ne è dimostrata l’efficacia, questa è ben lontana da essere assoluta: il rischio non viene mai eliminato completamente dalla terapia adiuvante. In altre parole, anche quando il medico suggerisce di fare la terapia adiuvante, questa può ridurre il rischio, ma non eliminarlo mai del tutto.

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