Il follow up: la fase dei controlli dopo l’intervento


Il follow up è un lungo periodo che comincia dopo l’intervento chirurgico o dopo le eventuali terapie adiuvanti, durante il quale vengono fatte visite ed esami a cadenze regolari (ogni 4-6 mesi per circa 5 anni) per rafforzare la presunzione di guarigione o al contrario svelare la ricaduta prima che il paziente avverta i sintomi causati dalla ricaduta.

Se l’intervento chirurgico è stato radicale, cioè ha eliminato tutto il tumore, ed il patologo, analizzando al microscopio il pezzo asportato, ha confermato che i margini di resezione sono puliti (cioè, non è rimasto alcun residuo tumorale, intervento R-0) FIGURA 6, il paziente è sulla via della guarigione.

Il follow up rassicura il paziente ad ogni visita.

 

Fig. 6 I tre possibili esiti dell’intervento chirurgico sul tumore Il tumore è rappresentato dall’immagine nera con prolungamenti irregolari. Il taglio del chirurgo al momento dell’intervento è rappresentato dal quadrato. R-0= nessun residuo tumorale dopo l’intervento; R1= residuo tumorale microscopico dopo l’intervento; R-2= residuo tumorale grossolano, dopo l’intervento.


Tuttavia, anche nelle condizioni favorevoli descritte sopra, un pò di rischio rimane, anche nei casi in cui è stata fatta terapia adiuvante. Infatti è possibile che cellule disseminate in altri organi prima che il tumore fosse asportato, col tempo diano origine a metastasi, determinando una situazione di ricaduta che gli esami di follow up possono svelare. FIGURA 3

Fig 3. Le metastasi possono comparire mesi o anni dopo il tumore primitivo, ma anche in contemporanea o addirittura prima Sembra incredibile, ma a volte si trovano prima le metastasi del tumore primitivo che le ha generate. Questo succede per due fenomeni: 1) perché il tumore primitivo per qualche motivo ignoto dissemina metastasi già quando è piccolissimo e quindi invisibile (1-5 mm o meno) e 2) perché le metastasi possono crescere molto più rapidamente del tumore primitivo.


Fra i test che comunemente si fanno nel follow up ci sono:

1. Gli esami del sangue.
2. Gli esami strumentali di imaging.
3. Le visite.

1 – Gli esami del sangue esplorano la funzionalità dei vari organi quali fegato, rene, midollo osseo ecc. Inoltre, tra gli esami del sangue hanno una certa importanza anche i marcatori tumorali.
I marcatori tumorali (marker) sono proteine prodotte dai tumori. La loro rilevanza è intuitiva: si fa un prelievo di sangue, se il marcatore è presente significa presenza del tumore, se è assente significa assenza di tumore.

Invece non è così semplice. Se lo fosse, tutta la popolazione sana farebbe i marcatori come esame di screening per arrivare più precocemente possibile alla diagnosi ed assicurare percentuali di guarigione dei tumori altissime col solo intervento chirurgico. Non è così. Purtroppo molti tumori non producono marcatori e, viceversa, molte condizioni non tumorali possono provocare un innalzamento dei marcatori.

Quindi? Di fatto i marcatori vengono usati perché sono un aiuto alla diagnosi di assenza o presenza di ricaduta durante il follow up. Ma sono solo una componente della diagnosi. È ben difficile che il solo innalzamento dei marcatori faccia iniziare una cura antitumorale; occorrono altre prove, come la presenza di disturbi o sintomi, o la comparsa di nuove lesioni ai test di imaging. (COME E DOPO QUANTO TEMPO SI VALUTA L’EFFICACIA DELLA TERAPIA?)

Due parametri sono importanti nella valutazione del risultato dei marker: da una parte l’evoluzione del loro livello nel tempo, dall’altra il loro livello assoluto. Un marker che si alza costantemente in una serie di tre o quattro valutazioni successive dà un segnale abbastanza forte di ricaduta. Questo segnale è ancora più forte se i livelli assoluti del marker in questione non sono di poche unità o decine, ma di centinaia o migliaia.

2 – Ben più solido ed importante è l’uso dei test di imaging nel follow up (TAC, PET , RX , scintigrafie risonanze ecc). Se si riscontra qualche anomalia che non si vedeva nell’esame fatto in occasione della stadiazione di base della malattia prima dell’intervento, il sospetto di ricaduta è molto forte.

Anche i test di imaging purtroppo hanno dei limiti.

Infatti le metastasi, nei casi in cui sono presenti, potrebbero essere così piccole da non vedersi ai test di imaging oggi disponibili. FIGURA 2

Fig 2. Possibili esiti della stadiazione di un tumore: le metastasi possono essere microscopiche e quindi non vedersi ai comuni test di imaging
Sono 3 i possibili esiti della stadiazione di un tumore, cioè la ricerca della sua diffusione ad altri organi.
Nel primo caso la stadiazione è negativa, cioè non viene trovato nulla nei vari organi esplorati tramite TAC, PET, risonanze ed altri test perché in realtà il tumore primitivo non si è diffuso a distanza. Quindi una volta eliminato il tumore primitivo con un intervento chirurgico il paziente è guarito.
Anche nel secondo caso la stadiazione è negativa perché non viene trovato nulla nei vari organi esplorati. Ma in realtà ci sono metastasi microscopiche che non sono ancora visibili perché TAC, PET, risonanze ecc difficilmente riescono a far vedere noduli più piccoli di 0.5-1 cm. Questo limite è indicato dalla linea tratteggiata nella figura. Purtroppo in questo caso, anche se il tumore primitivo eè stato rimosso con l’intervento chirurgico, ci sarà una ricaduta che sarà evidente solo quando le metastasi microscopiche cresceranno oltre 1 cm.
Nel terzo caso, quello con metastasi visibili, la malattia è diffusa ai vari organi già al momento della diagnosi perché le metastasi sono cresciute di pari passo al tumore primitivo rendendo inutile l’intervento chirurgico 


Viceversa può anche succedere che queste metodiche evidenzino lesioni sospette, senza che queste siano davvero metastasi. Questo causa molta giustificata apprensione nel paziente e nel medico.

A seconda della sede e delle caratteristiche di questi riscontri, lo specialista deve valutare il grado di sospetto che si tratti davvero di metastasi o no. Deve quindi decidere se approfondire le ricerche con altri test ed eventualmente fare altre biopsie o semplicemente rassicurare il paziente.

Non tutti i pazienti comprendono od accettano questi limiti degli esami ematologici e radiologici del follow up. Ci si augura che la ricerca possa in tempi brevi migliorare la precisione dei test disponibili oggi o svilupparne altri più sofisticati e più attendibili. La tecnologia della biopsia liquida è un ottimo esempio in questo senso. Purtroppo al momento non è disponibile in quanto ancora nella fase sperimentale di sviluppo.

3 – Infine, le visite. Si può pensare che una volta che i sofisticati test del sangue e di imaging sono negativi sia completamente inutile la visita dal medico. L’osservazione ha un certo senso, ma nè gli esami del sangue nè quelli di imaging ascoltano il paziente che potrebbe lamentare sintomi iniziali sospetti, in assenza di altre alterazioni. Tanto meno possono controllare cicatrici chirurgiche o linfonodi superficiali. Da un punto di vista pragmatico, il follow up può benissimo essere fatto dal medico di famiglia, in stretto contatto con l’oncologo di riferimento. IL RUOLO DEL MEDICO DI FAMIGLIA

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